Trieste, inaugurata la mostra “Istanbul, Faces of Freedom”: un viaggio visivo tra passato e presente

Trieste, inaugurata la mostra “Istanbul, Faces of Freedom”: un viaggio visivo tra passato e presente.

Nell’ambito del Festival Trieste Photo Days, è stata inaugurata al Museo d’Arte Orientale di via S. Sebastiano la mostra “Istanbul, faces of freedom. Between past and present”, che resterà aperta al pubblico fino al 22 genaio 2025.

Gli scatti contemporanei della fotografa slovena Manca Iuvan dedicati a Istanbul, suggeriti da Stefano Ambroset, presidente dell’Associazione dotART, dialogano con le testimonianze ottocentesche conservate presso la Fototeca dei Civici Musei di Storia ed Arte.

L’esposizione, curata da Claudia Colecchia, responsabile della Fototeca, in collaborazione con Francesca Avignone, conservatore del Civico Museo d’Arte Orientale, propone un itinerario per immagini della città turca nel tempo e nello spazio, organizzato in due sezioni.

Nella prima parte la fotografa slovena racconta Istanbul attraverso alcuni dei suoi luoghi iconici: il Bosforo su cui si affaccia l’illimitata cupola di Santa Sofia, il trionfo della vegetazione sui resti dell’architettura difensiva bizantina, le case con i panni stesi, accalcate l’una sull’altra come ricorda Mark Twain, il dedalo di vicoli, di cui non si percepisce l’inizio e la fine al punto da ricordare un perfetto labirinto, come sostiene Hermann Melville.

Gli scatti del XXI secolo sono messi a confronto con i positivi, conservati in Fototeca, che illustrano gli eleganti edifici realizzati dall’architetto muggesano, Domenico Pulgher (1837-1917), negli anni Settanta del XIX secolo.

Il fascino dell’esotico è evidente anche nel mondo delle stereoscopie ottocentesche. Le fotografie tridimensionali hanno la capacità di condurre il fruitore, grazie ai visori stereoscopici, in giro per il mondo, consentendogli di ampliare le proprie conoscenze geografiche, etnografiche, antropologiche e storico-artistiche.

Nella seconda sezione i protagonisti di ieri sono messi a confronto, in un raffinato gioco di rimandi e contrasti, con quelli di oggi.

I ritratti etnografici dai colori intensi del fotografo turco Pascal Sèbah (1823-1886) e di altri autori orientali non identificati, realizzati nella seconda metà dell’Ottocento, conoscono una larga diffusione. Il modico costo delle carte de visite consente a un vasto ed eterogeneo pubblico di acquistare i piccoli positivi, tra cui la famiglia triestina Piacere che lascia i suoi beni al Comune nel 1940.

Le fotografie inserite negli album, sfogliati in salotto accanto al caminetto, forniscono un piacevole passatempo, oggetti di divertimento e di istruttive informazioni al contempo.

La staticità che contraddistingue i positivi degli edifici immortalati nell’Ottocento caratterizza anche i ritratti storici. Il soggetto è sempre fotografato centrato, illuminato in maniera uniforme, intero. La rappresentazione dei volti e dei mestieri di ieri risulta isolata dal relativo contesto ambientale, riprodotta artificialmente in studio. I protagonisti sono soggetti anonimi riconoscibili solo per il ruolo che rappresentano, sintesi ed espressione della seduzione esercitata sul turista dal passato, dall’esotico.

Forte è il contrasto tra l’immobilità dei volti di ieri e la vivacità di quelli odierni. Le immagini realizzate nel XXI secolo da Manca Juvan sono contestualizzate e pregne di informazioni. L’attenzione della fotografa assume la funzione di speculum di matrice antropologica: evidente sete di conoscenza dell’altro. Immagini eloquenti, obiettive e al tempo stesso evocative, in grado di restituire l’empatia tra la ritrattista e il soggetto fotografato.

Attraverso la selezione e il confronto delle immagini, è così possibile esplorare, nel tempo e nello spazio, l’evoluzione di una città straordinariamente carica di Storia, anzi di storie.

 

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